La crescente eterogeneità del profilo cognitivo e neuropsicologico di bambini e adolescenti è motivo di preoccupazione. L’allarme proviene innanzitutto dalla neuropsichiatria infantile e dal mondo della scuola, sempre più coinvolti dall’ impegno diagnostico e dalla crescente richiesta di supporto abilitativo e psicopedagogico. Attualmente un bambino su 5 dimostra sintomi di pertinenza neuropsichiatrica e presenta bisogni educativi speciali.
Le complesse e rapide trasformazioni ambientali degli ultimi decenni forniscono una spiegazione plausibile per questo fenomeno, soprattutto se, dai disordini del neurosviluppo, lo sguardo viene esteso ad altre condizioni neurologiche in progressivo aumento (malattie neurodegenerative, disturbi neuropsichiatrici, tumori cerebrali) e da qui, la prospettiva viene ulteriormente ampliata, considerando l’aumento della prevalenza delle malattie immuno-allergiche, metaboliche (in primis, obesità e diabete), cronico-degenerative e neoplastiche. Si tratta di una “transizione epidemiologica”, in cui il sistema nervoso sembra particolarmente vulnerabile. Osservando questo fenomeno nel complesso e ipotizzando un modello patogenetico comune, una perturbazione della espressione dell’informazione genetica, in risposta alle rapide trasformazioni ambientali, sembra più plausibile rispetto all’ipotesi di numerosi “errori” nella molecola di DNA. Dunque, si tratterebbe di una perturbazione di software, piuttosto che di un breakdown dell’hardware rappresentato dalla molecola di DNA. In altre parole, un modello complesso – non lineare – in chiave epigenetica sembra il più plausibile per comprendere le motivazioni del profondo cambiamento epidemiologico degli ultimi decenni.
La finestra temporale di massima plasticità dell’individuo è rappresentata dal periodo embriofetale e dai primi due anni di vita (Primi 1000 Giorni). Lo sviluppo e il differenziamento cellulare si svolgono come risposta alle informazioni provenienti dall’ambiente intrauterino. In senso adattivo e predittivo l’embrione predispone i “software” cellulari che regolano l’espressione genica e orienteranno le complesse risposte del sistema PNEI, dalla vita embriofetale fino all’età adulta. Pertanto, i Primi 1000 Giorni rappresentano una fondamentale e irripetibile opportunità di salute e benessere per l’essere umano, incluse le opportunità per il neurosviluppo.
Il disturbo dello spettro autistico può essere considerato una condizione paradigmatica della trasformazione epidemiologica a cui si è accennato. Se è vero che l’autismo è da sempre esistito e le caratteristiche connettomiche delle persone autistiche non sono da considerarsi tout court “patologiche” o “disfunzionali”, è importante che il riconoscimento e valorizzazione della neurodiversità non porti a sottostimare il significato dei riscontri epidemiologici esposti sopra. Attualmente l’autismo riguarda un bambino su 77 in Italia, 1 su 54 negli USA. Il fenomeno è complesso e va compreso in tutte le sue componenti.
Le implicazioni dello shift di paradigma – dal modello della mutazione genetica alla prospettiva in chiave epigenetica – sono principalmente tre. La prima riguarda il ruolo della prevenzione primaria in età fertile e durante la gravidanza. In secondo luogo, è di cruciale importanza l’individuazione precoce di bambini a rischio e la tempestiva correzione di eventuali squilibri biologici e svantaggi educativi, ovviando il più precocemente possibile al progressivo ampliamento della forbice rispetto ai bambini con sviluppo neurotipico. Infine, il modello in chiave epigenetica consente di osservare le persone nello spettro autistico secondo una prospettiva sistemica, in considerazione delle numerose e interdipendenti anomalie biologiche, non riguardanti esclusivamente il sistema nervoso. Pertanto, le frequenti comorbidità, non sono caratteristiche accessorie, ma entrano a pieno titolo in un modello di assistenza multi e interdisciplinare, da avviare il più precocemente possibile.
In conclusione, la lettura dei disordini del neurosviluppo in chiave epigenetica, non solo consente di comprendere il fenomeno su di un piano teorico, ma fornisce anche i presupposti per un modello di assistenza coerente con complessi bisogni di salute, dalla prevenzione primaria per i genitori, fino alla terapia delle comorbidità dell’adulto autistico. Un modello interdisciplinare lifelong basato su contenuti, linguaggi e strumenti condivisi è la naturale traduzione clinica della prospettiva dinamica e sistemica con cui i disordini del neurosviluppo vengono attualmente osservati.
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