Abbiamo ormai innumerevoli evidenze di come l’attività fisica sia in grado di migliorare la nostra salute, agendo a diversi livelli: muscoloscheletrico, cardiovascolare, respiratorio, metabolico, neurologico, per dirne i principali.
Tuttavia, spesso abbiamo in mente che per ottenere questi risultati dobbiamo sottoporci a sfiancanti esercizi, dalla corsa quotidiana ad alta intensità al sollevamento di chissà quali pesi. Dall’altra parte, invece, spesso l’attività fisica diventa qualcosa che si fa senza porvi particolare attenzione: quanti di noi, ad esempio, prendono il cellulare, aprono un’app di musica, infilano le cuffie e poi iniziano a correre?
Così facendo l’attività fisica tende però a perdere la sua dimensione educativa, quella dimensione che nell’antichità ha permesso di coniare l’espressione “Mens sana in corpore sano” e che, se pensiamo alle Olimpiadi greche, portava i popoli ad interrompere addirittura le guerre per una manifestazione che premiava l'”ascesi”, ossia la capacità di impegnarsi in qualcosa mettendoci anima e corpo.
Per questo motivo, le arti marziali, le pratiche orientali come il Taiji Quan o il Qi Gong, così come pratiche occidentali più recenti quali il Feldenkrais, si sono sempre preoccupate di assicurarsi che il movimento fosse accompagnato da un elemento fondamentale: la consapevolezza, o intenzione, o concentrazione. Tutte parole con significati diversi ma che sottolineano un aspetto centrale: quando ci si muove bisogna essere presenti nel “qui e ora” del movimento, bisogna percepire il proprio corpo in movimento, le sensazioni che emergono dal corpo, i movimenti che effettuiamo e le sensazioni che ritornano dopo che abbiamo compiuto il movimento. Si tratta di sentire “l’energia che circola”, sentire che quando una parte del corpo si muove, tutto il resto del corpo la sta supportando e che le forze che mettiamo in atto quando compiamo un movimento (o uno sforzo) si propagano in tutto il corpo. Per questo motivo certe pratiche possono essere definite “meditazione dinamica”.
E sono proprio queste pratiche che permettono di “scolpire” un corpo forte e in un buona salute, al cui “comando” si plasma una mente vigile e consapevole. Forse vi sembreranno discorsi “sofistici”, ma quante volte ci siamo fatti male a fronte di un movimento banale solo perché non siamo stati attenti, ossia, non ci abbiamo messo la giusta attenzione e stavamo pensando ad altro?
Muoversi con consapevolezza – una consapevolezza che, però, non è continuo sforzo mentale, bensì uno stato di rilassamento e calma dove non siamo distratti da pensieri inutili – non solo impedisce di farsi male in questa maniera banale, bensì permette di comprendere fino in fondo le potenzialità del proprio corpo, cosa possiamo fare e cosa no. E a tal proposito, alcuni studi mostrano come sentire il proprio corpo in movimento sia un ottimo metodo per migliorare la propria autostima!
Esattamente come la classica attività fisica, anche questo tipo di pratiche sta poi dimostrando sempre in maniera più convincente la capacità di migliorare la salute cardiovascolare, respiratoria, immunitaria, neurologica e metabolica e l’umore. Un’importante revisione sistematica effettuata nel 2015 ha riportato infatti come il Taiji, praticato mediamente per 1 ora, 2-3 volte a settimana, fosse in grado di portare benefici in molteplici patologie, fra cui le più studiate sono state l’ipertensione, il diabete, l’osteoartrite, l’osteoporosi o l’osteopenia, il cancro al seno, l’insufficienza cardiaca, la malattia polmonare ostruttiva cronica, la malattia coronarica, la schizofrenia e la depressione. Nello specifico, il 94.1% degli studi considerati ha riportato effetti positivi.
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(Fonte immagine: immagine personale)
Bibliografia
- Chen et al. (2016), The effect of Tai Chi on four chronic conditions—cancer, osteoarthritis, heart failure and chronic obstructive pulmonary disease: a systematic review and meta-analyses, Br J Sports Med, 50:397-407.
- Huston & McFarlane (2016), Health benefits of tai chi: What is the evidence?, Can Fam Physician, 62(11):881-90.
- Fiuza-Luces et al. (2013), Exercise is the real polypill, Physiology (Bethesda), 28(5):330-58.
- Yang et al. (2015), Evidence Base of Clinical Studies on Tai Chi: A Bibliometric Analysis, PLoS One, 10(3):e0120655.
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