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Fulvio Tomaselli

Gestione del Long Covid: Un Approccio Scientifico per il Recupero dalla Fatica Cronica Post-Pandemia

La pandemia di Covid-19 ha innegabilmente posto sfide significative per la sanità pubblica a livello globale.

Purtroppo, la situazione di caos ed emergenza iniziale ha portato ad una gestione tutt’altro che ottimale della pandemia: diversi approcci terapeutici si sono rivelati inefficaci nel contenere la diffusione del virus e le sue conseguenze.
La proibizione ad eseguire autopsie sui primi deceduti ha impedito un accertamento della reale invasività virale nei diversi organi del corpo umano, facendo focalizzare così le attenzioni alla sola fase polmonare e facendo ignorare la fase vascolare di trombosi disseminata, che non interessava solo l’apparato respiratorio ma tutto il microcircolo.

Inoltre, tra le molte questioni emerse durante questa pandemia, ha ricoperto un ruolo centrale la gestione del cosiddetto “Long Covid”, la sindrome post-infettiva che ha colpito molti sopravvissuti al virus, sindrome caratterizzata da diversi sintomi fra cui fatica cronica, dolore e ansia.

Dobbiamo tuttavia comprendere che il Long-Covid non rappresenta una nuova malattia, quanto piuttosto una normale complicazione derivante dall’infezione virale. Si tratta infatti un fenomeno noto da oltre un secolo che si è puntualmente verificato in seguito ad ognuna delle ondate pandemiche influenzali emerse nel secolo scorso.

Fortunatamente, dopo la prima fase di smarrimento, in tutto il mondo diversi centri di studio hanno svolto numerose ricerche che hanno permesso di comprendere sia la reale fisiopatologia del Covid-19 sia le corrette strategie terapeutiche da attuare.
Gli studi autoptici (e non solo) che sono poi stati condotti nel corso della pandemia hanno infatti confermato il coinvolgimento del sistema vascolare, oltre che polmonare, nella patogenesi del Covid-19.

Queste scoperte hanno contribuito a una migliore comprensione della malattia e delle sue implicazioni a lungo termine, fra cui appunto la genesi della fatica cronica.

La comprensione della centralità della funzionalità microcircolatoria, responsabile della mortale anossia subito riscontrata nel Covid-19, ha spinto a puntare su terapie protettrici dell’endotelio e dell’intera circolazione.

Queste terapie dirette a livello circolatorio ed endoteliale sono essenziali per evitare le conseguenze multiorgano dell’infezione virale.

Fin dall’estate 2020 e dai primi mesi del 2021, gli studi del Dr. Colantuoni (Napoli), Dr. Martini (Padova) e di altri colleghi hanno infatti evidenziato come fosse proprio il coinvolgimento vascolare microcircolatorio ad indurre danni poliorgano.
Allo stesso modo, diversi professionisti sanitari – fra cui il Dr. Tomaselli – riuniti nella scuola Medis (Scuola Internazionale di Maxiemergenze e Disastri) hanno sottolineato sulla base di intuizioni personali, esperienze cliniche ed oltre 260 studi internazionali la necessità di proteggere la funzione endoteliale, ultimo baluardo alla diffusione virale.
La stesso brain fog – la confusione o annebbiamento mentale, uno fra i primi sintomi di coinvolgimento neurologico – risulta dovuta a un indebolimento della barriera ematoencefalica, la quale è costituita da un endotelio particolarmente selettivo e di scudo.
E ormai abbiamo evidenze di come la fatica cronica derivi da quello stato infiammatorio indotto a livello epiteliale che, tramite la circolazione, facilmente si propaga nell’organismo intero.

Allo stesso modo, abbiamo compreso l’impatto psicologico che la pandemia, in quanto evento traumatico, ha avuto sulla salute e sul benessere mentale, consapevolezza che ha reso necessarie azioni e interventi di supporto psicologico, psicoterapeutico e sociale.

L’unione di tutte queste conoscenze deve farci capire l’importanza della prevenzione e della cura dei superstiti alla pandemia.

Queste persone, se non si prendono adeguatamente cura di sé tramite un corretto stile vita e non vengono curate tramite efficaci strategie terapeutiche, rischiano di trovarsi a lottare nel breve, medio e lungo termine con le sequele dei danni multiorgano derivati dalla pandemia che ci ha colpito in questi anni.
Sequele che possono comportare, oltre a dolore, ansia e fatica cronica, problemi di tipo cardiaco, renale, epatico, neurologico e non solo.

Dobbiamo poi capire che questa attenzione va rivolta soprattutto ai giovani, i quali altrimenti rischiano di invecchiare nel modo peggiore possibile e di avere, negli anni a venire, una pessima qualità della vita.

Le modificazioni epigenetiche legate agli anni di stress cronico in ogni sua forma – fisica, biologica, psicologica e sociale – saranno infatti da scontare nel futuro prossimo e forse anche lontano.
Solo un approccio basato sulla scienza, sulla solidarietà, sull’empatia e sulla prevenzione può dar vita ad un reale sistema di cura in grado di superare le sfide lasciate da questa pandemia e di portare verso il recupero e la guarigione dal long-covid e dai suoi sintomi, primo fra tutti la fatica cronica.

Se ti interessa approfondire la fisiopatologia del Covid-19 e quali sono semplici strategie di prevenzione da poter attuare quotidianamente su di te o suoi tuoi pazienti, iscriviti al corso Long-Covid Management – Pandemia: cosa fare per i superstiti, corso diretto sia ai professionisti sanitari sia al largo pubblico.

(Fonte immagine: Foto di Fusion Medical Animation su Unsplash)