Alessandro Casini
La misurazione della HRV in un’ottica di salutogenesi
Ogni professionista che si occupa di salute e di benessere, nella decisione del proprio piano di intervento nei confronti del paziente, fa affidamento su numerose informazioni, come quelle derivate dall’anamnesi, dalla valutazione clinica e da esami diagnostici
Tra gli esami diagnostici, molto spesso abbiamo a che fare con esami inerenti al motivo per cui quel paziente viene da noi in studio: il paziente che va dal fisioterapista per il mal di schiena porterà con sé il referto della risonanza magnetica lombare, quello che va dal cardiologo per gli esiti di un infarto del miocardio porterà con sé angiografia, eco-cuore, etc. Nella nostra pratica (di medici, psicoterapeuti, fisioterapisti, dietisti, infermieri etc.) siamo abituati a focalizzarci sulla patologia o sul sintomo manifestato dal paziente, quantificato dagli esami diagnostici in suo possesso e associato, in genere, a una più o meno importante limitazione nella qualità di vita.
Se ci concentriamo troppo sulla patologia rischiamo però di perdere di vista l’attore più importante nel processo di guarigione: il paziente
L’obiettivo ultimo di ogni intervento terapeutico, al di là dall’approccio utilizzato, dovrebbe mirare a un miglioramento della salute e della qualità di vita del paziente, indipendentemente dalla presenza e dalla “curabilità” di eventuali patologie sottostanti. In alcune situazioni, il miglioramento della salute verrà ottenuto attraverso l’eliminazione della patologia. Altre volte, invece, ci troveremo a insistere maggiormente sulle risorse del paziente, sul suo stile di vita e sulle sue capacità di far fronte alla malattia. Questo aspetto viene definito “Salutogenesi” e, sebbene sia un principio fondante di numerose terapie complementari, come l’osteopatia e l’agopuntura, dovrebbe in realtà essere considerato centrale in tutte le professioni sanitarie.
Per poter lavorare sulla salute è fondamentale poterla misurare, e ciò rappresenta un potenziale limite nel contesto della pratica quotidiana in studio
Per avere una idea chiara dello stato di salute del paziente e delle sue capacità di mantenerla dovremmo infatti integrare decine di esami, dai questionari sulla qualità di vita, alla valutazione dei biomarker infiammatori (PCR), metabolici (Glicemia), cardiovascolari (Pressione arteriosa), etc. Ciò rende la quantificazione del livello di salute della persona un processo notevolmente lungo, complicato e costoso.
La Heart Rate Variability è in grado di ovviare a questo problema, in quanto essa rappresenta un marker del funzionamento dei meccanismi di autoregolazione e di mantenimento di salute della persona ed è correlato a componenti come carico allostatico e resilienza
In ambito clinico la HRV si configura pertanto come uno strumento estremamente utile, che permette di misurare il livello di salute della persona in maniera rapida e non invasiva. Attraverso il corso di formazione sulla HRV, coloro che si occupano di salute e benessere saranno in grado di integrare l’utilizzo di questo strumento nella propria pratica in maniera corretta e basata sulle evidenze, ma soprattutto saranno in grado tradurre le informazioni ottenute dalla misurazione della HRV in dati clinici rilevanti, come le capacità del paziente di mantenere un buon livello di salute e di mettere in atto efficaci risposte nei confronti degli stressor ambientali. Il suo utilizzo permetterà inoltre di misurare l’efficacia del nostro intervento sui suddetti meccanismi, valutando l’impatto di salutogenesi del nostro lavoro.
Integrando i suoi dati con le altre informazioni derivanti dai nostri test, dai questionari, dagli esami diagnostici etc., sarà possibile avere un’idea integrata dell’evoluzione dello stato di salute del paziente nel tempo, che mostrerà non solo come evolvono i sintomi e/o la patologia, ma anche le capacità del paziente di reagire nei loro confronti, alla ricerca di un migliore stato di salute.
Commenti recenti