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Francesco Bottaccioli

La PNEI è un movimento scientifico di superamento del riduzionismo nelle scienze della vita che pone lo studio dell’essere umano e le conseguenti proposte di prevenzione e cura in una dimensione sistemica e integrata.
I tradizionali ostacoli che storicamente si sono frapposti al raggiungimento di questi obiettivi stanno subendo colpi da più parti e queste parti sono sempre più autorevoli. Si profila in sostanza quello che Thomas Kuhn descriveva come la preparazione di un cambio di paradigma da parte di esponenti, autorevoli e sempre più numerosi, della scienza “normale”.
Questo cambio di paradigma si sta ormai prepotentemente manifestando anche in psicologia, psichiatria e tutte le scienze riguardanti la mente.

L’emergere delle neuroscienze ha dato un contributo decisivo all’ingresso della psicologia, della psicoterapia e della stessa psichiatria, nel mondo della scienza. L’indagine in vivo del cervello umano, tramite le immagini, ha dimostrato che gli interventi psicologici hanno effetti sulla funzione e sullo stesso assetto anatomico dei circuiti cerebrali. Inoltre, l’indagine epigenetica ha ulteriormente dimostrato che gli interventi psicologici nelle loro diverse forme (dalla psicoterapia alla meditazione) inducono modificazioni nell’espressione genica codificante per recettori cerebrali e neurotrasmettitori, fornendo così una via di spiegazione scientifica sui meccanismi d’azione degli interventi psicologici efficaci nella terapia dei disturbi mentali.
Questi rilevanti avanzamenti nella ricerca biologica hanno sottratto le scienze e le professioni “psi” dal limbo della non scienza e degli interventi sanitari empirici, senza fondamento certo. Ma le neuroimmagini e l’epigenetica hanno anche un altro effetto: dimostrano che la dimensione psichica – che indubitabilmente sorge dal livello cerebrale e che è influenzata e plasmata dall’insieme dei network biologici – retroagisce sulle funzioni e sull’assetto dei circuiti cerebrali, modificandoli nel bene e nel male.

Le neuroscienze sono quindi essenziali alla psicologia, ma esse non sono una realtà omogenea: diversi modelli, riduzionisti e sistemici, operano e competono al suo interno. La psicologia ha bisogno di una neuroscienza non riduzionista, la cui affermazione in campo scientifico essa può e deve sostenere con decisione. Ma è vero anche il contrario: le neuroscienze, se vogliono avanzare nella comprensione del funzionamento del cervello, hanno bisogno della psicologia e di adottare un paradigma che contempla l’interazione bidirezionale psiche-sistemi biologici, dentro cui studiare l’attività cerebrale.

Accanto ad aspetti centrali della psicologia quali le relazioni terapeuta-paziente, la teoria dell’attaccamento, il contesto familiare e la storia personale del paziente, in particolare valutando le eventuali esperienze avverse infantili, le neuroscienze devono anche considerare il funzionamento complessivo dell’organismo umano.
L’equilibrio psichico può infatti essere influenzato da una molteplicità di fattori biologici endogeni, come il microbiota e il sistema immunitario, ambientali, come l’esposizione a pesticidi, soprattutto nelle prime fasi della vita, da comportamenti, come l’alimentazione e la sedentarietà, da status sociale, come vivere in un Paese ad alto tasso di disuguaglianza sociale.
Ed è qui che la psiconeuroendocrinoimmunologia dà il suo fondamentale contributo, in quanto con la PNEI e l’epigenetica, che descrivono nel dettaglio le vie e i meccanismi biologici e genetici con cui il mondo individuale interno e quello esterno condizionano il funzionamento mentale e la struttura cerebrale della persona, il modello biopsicosociale in psicologia (“ritualmente” citato dalle correnti non cognitiviste e apertamente svalutato dai cognitivisti) non è più una parola vuota, bensì diventa la base su cui fondare il rinnovamento delle scienze psicologiche.

In questo modo, il modello biopsicosociale in chiave PNEI apre un nuovo capitolo in relazione sia alla patogenesi (e diagnosi) dei disturbi mentali, sia sulla prevenzione e terapia degli stessi, sia sulla collaborazione fra i professionisti.

Come illustrano i dibatti attorno al DSM, la patogenesi dei disturbi psichiatrici è complessa e pone ostacoli alla semplificazione diagnostica centrata su un organo o su un singolo sistema. Ma siamo sicuri che questa sia una peculiarità della psicologia e della psichiatria? Forse la patogenesi e la diagnosi in medicina presenta livelli di maggiore precisione scientifica? C’è forse una sola causa per la patogenesi dell’aterosclerosi, un solo meccanismo biologico, una sola terapia efficace? Sappiamo che non è così: l’aterosclerosi è un fenomeno complesso in cui entrano numerosi fattori dotati di grande variabilità soggettiva. Si può avere infatti un infarto con arterie senza traccia di aterosclerosi, frutto di un’infiammazione e di una condizione stressante fuori controllo. Lo stesso interrogativo si può porre per la gran parte delle patologie croniche, che sono la principale causa di malattia e morte nei paesi cosiddetti sviluppati.

La ricerca sta mostrando come nella prevenzione dei disturbi psichiatrici abbiano un ruolo di assoluto rilievo discipline e pratiche di salute che hanno una storia diversa dalla psicologia e dalla psichiatria, come la meditazione, lo yoga, il Taijiquan, il Qigong; o una storia che non c’entra niente con la psicologia, come la nutrizione e l’attività fisica (se non in rari casi come Pierre Janet, che sottolineava l’importanza di curare l’intestino in caso di psicosi o altri disturbi psichiatrici). Ignorare queste evidenze non è più possibile per chi si occupa di salute mentale sia come singolo professionista sia come struttura sanitaria dedicata.

Nella terapia, è giunto il tempo per gli psicoterapeuti di compiere uno sforzo di unificazione teorica e pratica. La PNEI può risolvere numerose questioni scientifiche cruciali per la psicologia e la psichiatria basandosi sull’analisi della comunicazione bidirezionale tra dimensione psichica e dimensione biologica, e sulla rivisitazione scientifica di concetti emersi nel tempo (si veda come le ricerche di epigenetica hanno rafforzato, meglio definito ed esteso le teorizzazioni di Bowlby sull’attaccamento).
Ad esempio, vi è la possibilità di unire i punti forti della tradizione cognitivo-comportamentale – la forte attenzione al qui e ora, l’indagine minuziosa dei comportamenti e dei pensieri disfunzionali e le relative tecniche di provata efficacia volte a innescare un cambiamento empiricamente verificabile – ai punti forti della tradizione psicodinamica – la centralità delle esperienze precoci, l’interiorizzazione dei modelli operativi, il focus sui conflitti intrapsichici e la componente inconscia che li alimenta, la forte attenzione a indurre una presa di coscienza nel paziente come solida base per un cambiamento robusto e stabile nel tempo, l’indagine delle emozioni e delle strutture mentali stabili del paziente, chiamati schemi, che rinviano alla necessità di un esame della personalità del paziente lungo il suo sviluppo.

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(Fonte immagine: Bottaccioli et al. (2018), Stress and the psyche-brain-immune network in psychiatric diseases based on psychoneuroendocrineimmunology: a concise review, Ann N Y Acad Sci, 1437(1):31-42.)

(Tratto da PNEI Review, 2 del 2018)

Bibliografia

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  • Bottaccioli & Bottaccioli (2017), Psiconeuroendocrinoimmunologia e scienza della cura integrata. Il manuale, Milano, Edra.
  • Bottaccioli et al. (2018), Stress and the psyche-brain-immune network in psychiatric diseases based on psychoneuroendocrineimmunology: a concise review, Ann N Y Acad Sci, 1437(1):31-42
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