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Marco Chiera

La cute è sempre stata considerata essenzialmente una barriera fisica nei confronti dell’esterno. Al più, è stata considerata come un organo emuntore, ossia una sorta di “discarica” usata dall’organismo per smaltire scarti del metabolismo.

Fortunatamente, gli ultimi 30 anni di ricerca scientifica stanno ridando dignità a quest’organo di 2m2 di superficie, mettendolo al centro del network psico-neuro-endocrino-immunitario che regola l’equilibrio salute-malattia dell’organismo. Negli anni ’90 è il gruppo di ricerca di Andrzej Slominski ha infatti scoperto che la cute, con le sue cellule, è capace di attuare una propria risposta di stress, tale e quale alla risposta di stress che l’organismo attua centralmente tramite ipotalamo, ipofisi e surreni.

Ma non solo: negli anni seguenti, lo stesso gruppo di ricerca, così come altri nel mondo, hanno scoperto che le cellule cutanee – che siano cheratinociti, melanociti, cellule di Langerhans, cellule di Merkel, ghiandole o bulbi piliferi – possono recepire, produrre e secernere tutti i principali neurotrasmettitori ed ormoni usati nel resto dell’organismo: dagli ormoni sessuali all’adrenalina, dalla melatonina agli ormoni tiroidei, dalle endorfine ai cannabinoidi. Tutte queste sostanze vengono usate dalla cute per regolare le sue attività, ad esempio, per proteggersi dai raggi UV e sfruttarli al meglio per produrre vitamina D.

Inoltre, se l’intestino è sempre stato il centro della ricerca sul microbiota, ovvero sui microbi che vivono in simbiosi con noi, la cute non è un organo da meno: la quantità e la varietà di microbi presenti nelle aree cutanee è strabiliante, e sono proprio questi microbi i primi attori nel regolare le funzionalità cutanee e nel proteggerci da fattori patogeni esterni.

Tutte queste scoperte mettono chiaramente in luce come la cute possa venire facilmente influenzata da quanto accade nell’organismo, ma fa riflettere anche su quanto l’attività cute possa impattare sul resto dell’organismo. Infatti, si stanno moltiplicando sempre più le evidenze di queste interazioni. Per citarne alcune:

  • l’esposizione al sole può aumentare i livelli di β-endorfina nel sangue del 50%, con la possibilità, in casi estremi da continua esposizione a lampade abbronzanti, di indurre fenomeni di dipendenza (la β-endorfina è un oppioide);
  • problemi cutanei, da eritemi a psoriasi, possono alterare la percezione emotiva;
  • infiammazioni cutanee, fra cui quelle dovute alla dermatite atopica, possono indurre permeabilità intestinale e, quindi, problemi digestivi;
  • i microbi cutanei, in caso di ferite cutanee (es. eccesso di igiene) e di proliferazione eccessiva, possono entrare nella circolazione sanguigna, viaggiare per l’organismo e causare svariate patologie. Ad esempio, nella substantia nigra di persone con la malattia di Parkinson è stato trovato il Propionibacterium acnes, ossia il microbo coinvolto nell’acne;
  • fenomeni di dermatite atopica possono poi ripercuotersi sul corpo favorendo fenomeni allergici polmonari, fra cui asma, e intestinali, fra cui sindrome del colon irritabile, allergie alimentari e shock anafilattici;
  • tramite il tocco si riescono a trasmettere e riconoscere le emozioni in maniera migliore rispetto alle espressioni facciali.

A proposito di quest’ultima evidenza, è centrale sottolineare l’importanza della cute come organo sociale, essenziale per i mammiferi, e quindi l’uomo, in quanto permette il contatto e il tocco. Come ben evidenziato negli anni ’70 dall’antropologo Ashley Montagu in un fantastico libro dal titolo Il Linguaggio della pelle, il tocco favorisce il buono sviluppo neonatale, la regolazione della fisiologia organica e la creazione di legami relazionabili.

Che sia la cute a giocare un ruolo essenziale nell’importanza del tocco è provato dalla scoperta di particolari fibre nella cute dotata di peli – ossia tutto il corpo a parte palmi delle mani, piante dei piedi, labbra e genitali – di particolari fibre, dette fibre C-tattili, che si attivano proprio a fronte di un tocco delicato e lento, quale quello di una carezza. Queste fibre, inoltre, quanto stimolate favoriscono una percezione di piacevolezza e favoriscono sia un senso di rilassamento sia un senso di fiducia.

Tutta questa complessità della cute comporta pertanto che, al pari di altri organi, è necessario studiare a fondo la pelle e che, dall’altra parte, molteplici interventi, farmacologici e non, psicoterapici e nutrizionali, manuali e sociali, possono positivamente influenzare la cute e, quindi, sono da reputare centrali nella cura di patologie cutanee.

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(Fonte immagine: Merk et al. (2021), Regulation of Tissue Immune Responses by Local Glucocorticoids at Epithelial Barriers and Their Impact on Interorgan Crosstalk, Front Immunol, 12:672808)

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